La risposta è sì. Ma, non avendo il nostro stesso linguaggio verbale, è importante riconoscerne i segni per provare ad aiutarli. Le cause possono essere molteplici, dalla genetica alle sue esperienze, alle dinamiche di relazione con noi e gli altri animali, compresi i suoi simili.
È importante non sottovalutare l’asse microbiota-cervello e quindi la buona salute del microbiota del nostro peloso.
I disturbi più frequenti sono le malattie intestinali infiammatorie croniche che possono essere accompagnate da alterazioni del comportamento come l’ansia; l’anoressia o la disoressia (non mangia o mangia poco); la polifagia, equivalente alla bulimia dell’uomo; la pica, cioè l’ingestione di materiale non alimentare oppure l’atto di leccare ossessivamente oggetti e pareti.
E ancora: la coprofagia. Qui è importante capire di chi sono le feci che mangia, perché mangiare feci umane, di gatto o di erbivori non rientra nei comportamenti patologici (hanno una particolare quantità e qualità di nutrienti), ma se mangia feci proprie o di altri cani il comportamento può essere patologico, quindi la raccomandazione è di non punire il nostro cane.
Infine, la polidipsia, ossia l’aumento d’assunzione d’acqua: escludendo tutte le cause organiche si può parlare di polidipsia psicogena. In ogni caso, se notate comportamenti alterati, rivolgetevi al medico veterinario di fiducia che, se sarà necessario, vi indirizzerà da uno specialista.
Fonte: articolo della dottoressa Michela Pettorali, medico veterinario, tratto dalla rivista Nuovo Consumo del marzo 2024
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