Negli anni Ottanta fece scalpore una storia riportata sulla rivista scientifica Lancet dal dermatologo britannico Hywel Williams: un cane aveva salvato la sua padrona da un tumore.
L’animale aveva preso ad annusare un neo sulla gamba della donna che, insospettita da quello strano comportamento, si era rivolta al medico: questi aveva diagnosticato un melanoma che, preso in tempo, fu curato.
- «La comunità scientifica cominciò a domandarsi se il potente olfatto del cane potesse aiutare a riconoscere precocemente i composti volatili dei tumori», spiega Gianluigi Taverna, responsabile di Urologia all’ospedale Humanitas Mater Domini di Castellanza (Varese) che con il patrocinio del Ministero della Difesa sta studiando il sistema olfattivo dei cani per la diagnosi precoce del tumore alla prostata.
«In passato sono stati condotti diversi studi sui tumori alla prostata e al polmone, ma con un numero di partecipanti troppo basso. Così ho voluto seguire un iter basato su criteri scientifici rigorosi per capire se i cani già addestrati per rilevare materiale esplosivo potessero essere impiegati per identificare le urine di persone malate di tumore alla prostata».
La risposta è sì e non è dovuta solo all’olfatto del cane, dotato di una mucosa olfattiva di 2 metri quadrati contro i 5 centimetri dell’uomo: «La riuscita dipende dall’intesa tra il cane e il suo addestratore», dice il colonnello Lorenzo Tidu, ufficiale veterinario dell’Esercito specializzato in Etologia degli animali domestici.
Fonte: tratto da un servizio di Manuela Porta su Airone, marzo 2017
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