Un gatto che somiglia a una pantera nera in miniatura, ma che, per indole, non ha nulla in comune con il grande felino selvatico perché adora il comfort del divano e il senso di sicurezza dato dalle mura domestiche
È come avere una pantera nel salotto di casa, dal manto nero come la notte, ma di dimensioni decisamente più contenute. La sua presenza è molto piacevole, ma il brivido d’emozione che conferirebbe un’autentica pantera è direttamente proporzionale alla ridotta stazza del micio.
Del resto, non sarebbe poi cosi entusiasmante vivere al cospetto di una creatura indomita, tanto feroce e poco incline a lasciarsi addomesticare, né sarebbe giusto nei suoi confronti costringerla a una esistenza d’appartamento (pur sempre migliore di una gabbia, ma lontana dal soddisfare il suo bisogno di libertà).
Ecco, come si usa dire, “l’abito non fa il monaco”: di fatto il Bombay non è neppure vagamente selvatico e pericoloso. Si tratta a conti fatti di un vero pantofolaio, che ama starsene tranquillo e indisturbato, accoccolato al fianco del suo amico umano.
Nel 1953 l’allevatrice Nikki Horner di Louisville in Kentucky (Stati Uniti) ebbe l’idea di sviluppare una razza felina con la conformazione fisica del Burmese ma dotata di pelliccia nera e occhi ramati, invece di manto castano e occhi gialli. Vale a dire una pantera in formato tascabile o quasi.
Il motivo dietro questa sua scelta era dettato dalla volontà di lasciare un segno, una sorta di eredità per le generazioni future in modo tale da essere ricordata.
In un’età non poi così avanzata, la Horner aveva già dedicato gran parte della sua vita ai gatti, avendo mosso i primi passi come allevatrice durante l’adolescenza per occuparsi, nel corso di una ormai lunga carriera, di diverse razze feline. Nonostante la grande esperienza, furono necessarie diverse prove prima che venisse alla luce il cucciolo che aveva immaginato e molto desiderato.
Quando finalmente nacque possedeva tutte le caratteristiche cercate: il corpo e il pelo corto erano quelli del Burmese, i colori del mantello e degli occhi dell’American Shorthair.
La sua bellezza evocava l’immagine di una pantera nera dallo sguardo fiammeggiante… solo più piccola. Il nome che scelse per la razza voleva essere un omaggio a Mumbai (che una volta si chiamava appunto Bombay), la città più grande e popolata dell’India, paese le cui giungle sono abitate dalle vere pantere…
Fonte: estratto da un bel servizio di Tito Parrello tratto dalla rivista L’Arca di Noè, agosto 2020
Fonte immagine: pickpic
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