Trasformare un felino cacciatore in un compagno d’appartamento: si può, ma bisogna stare molto attenti all’alimentazione. La dieta del gatto resta quella di un predatore, anche quando va a caccia di scatolette…
Anche se ormai – specie nei filmati della pubblicità – siamo abituati a vederlo affaccendato intorno a scatolette di ogni tipo, il gatto è un carnivoro stretto e, in natura, si nutre di ciò che riesce a cacciare: piccoli roditori, uccellini, piccoli rettili. Secondo alcuni studi i roditori, soprattutto i topi, costituirebbero oltre il 40 per cento della dieta del gatto libero in natura.
Di più: l’energia ottenuta dall’ingestione di un topolino coprirebbe solo l’8 per cento del suo fabbisogno energetico giornaliero: il gatto ha perciò la necessità di cacciare più volte al giorno per procacciarsi tutto il cibo di cui ha bisogno, e per questo ha sviluppato un notevole istinto predatorio, che lo spinge addirittura ad interrompere il pasto qualora si presenti l’occasione di acchiappare una nuova preda!
L’alimentazione del gatto in natura è dunque basata sull’assunzione di diversi piccoli pasti al giorno. Tuttavia, malgrado la vita del gatto sia incentrata sulla continua ricerca di prede, ugualmente egli ha “gusti” raffinati in materia di cibo: un mangime che non incontri le sue esigenze (per odore, sapore, consistenza, temperatura) verrà con ogni probabilità rifiutato anche in modo piuttosto ostinato. Questa “sensibilità di palato” è propria di tutti i felini: il gatto selvatico per esempio ingoia la preda a partire dal capo proprio per evitare la sgradevole sensazione provocata dal “passaggio contro pelo” del mantello della preda.
La produzione di un mangime per gatti non è perciò impresa facile. In Italia, comunque, il 40 per cento del cibo consumato dai felini è coperto dai prodotti industriali e il segmento può ancora crescere, perché in Gran Bretagna e Francia ha superato il 60 per cento.
Secco o umido?
Scegliendo per il gatto un mangime commerciale bisogna tenere presenti alcune regole.
1. Evitare di dare al gatto alimenti destinati al cane, in quanto contengono principi nutritivi in proporzioni diverse da quelle necessarie per il gatto e, soprattutto, sono poveri in taurina, un aminoacido essenziale per il gatto, la cui carenza può determinare degenerazione della retina, patologie cardiache, aborti.
2. Se il cibo è secco, lasciare sempre a disposizione una ciotola d’acqua: i gatti alimentati con mangime umido bevono pochissimo, perché ricavano l’acqua dal mangime. Il cibo secco però ha un contenuto molto basso di acqua e risulta pertanto necessaria una fonte idrica a parte.
3. Tenere d’occhio il peso del gatto: l’obesità può predisporre a patologie gravi o addirittura fatali. Qualora si somministri un mangime secco (conveniente perché in proporzione meno caro e meno deperibile), si presti molta attenzione nell’attenersi ai dosaggi riportati sulla confezione: un mangime secco è molto concentrato e sgarrare anche di poco sulla quantità può portare ad obesità.
4. Le dosi da somministrare sono solitamente indicate fra due estremi (per esempio, 40-60 g): scegliere la dose più elevata dell’intervallo per gatti attivi, non castrati (la castrazione riduce il fabbisogno energetico anche del 30 per cento), che vivono all’aperto e la dose più bassa per gatti castrati, pigri e che vivono in casa.
Fonte: estratto da un bel servizio di Anna Ricci su un vecchio numero di Benefit, settembre 2003
Fonte immagine: File:Cat March 2010-1.jpg – Wikimedia Commons