«Il rapporto del bambino con il pet è preferenziale, hanno canali di comunicazione immediati, con una condivisione della dimensione affettiva e di altri aspetti, a partire dal gioco», evidenzia Valentina Di Mattei, professore associato di psicologia e psicologia dinamica all’Università Vita-Salute San Raffaele e psicologo clinico all’Irrcs Ospedale San Raffaele di Milano.
«Inoltre sviluppano, in corsia come nella vita quotidiana, l’empatia: a volte si fa ricorso a un gioco in cui il piccolo paziente cura l’animale. Il doversi prendere cura di un cane, si associa Odette Abramovich, «allena la testa a pensare all’altro e ai suoi bisogni, un ottimo antidoto anche contro il bullismo. Nel caso di bambini iperattivi, invece, occorre aumentare le capacità di attenzione, di concentrazione, di osservazione e di poter cominciare e finire un’attività. Così si può mostrare al bambino come il cane si concentra sull’obiettivo cercando con l’uso del suo fiuto un biscotto o un ossicino nascosto, come dopo si rilassa sulla sua copertina, quindi, fargli imitare questo tipo di comportamento giocando con il pet».
La relazione mediata con il quattrozampe risulta benefica anche per evitare il rischio che piccoli guariti da patologie gravi diventino adulti con depressione per aver vissuto esperienze forti che li hanno fatti crescere troppo in fretta. La veterinaria narra il caso di una bimba di sei anni con leucemia linfoide acuta:
- «Per raggiungere gli obiettivi stabiliti dai medici abbiamo lavorato in un maneggio di cavalli con giochi di finzione. Il cavallo, insieme all’equipe di professionisti, la accompagnava nel bosco limitrofo dove una psicologa vestita da elfo entrava in contatto con lei, affidandole missioni da portare a termine. È stato un modo per aumentare in lei il senso di speranza, la fantasia e le emozioni positive».
Fonte: estratto da un bellissimo articolo di Marco Ronchetto su Ok Salute e Benessere, maggio 2020
Fonte immagine: File:Dog’s Love.jpg – Wikimedia Commons