L’etologo Roberto Marchesini: «La priorità è insegnare al bambino il rispetto dell’animale con cui viene in contatto»!

L’etologo Roberto Marchesini

Siamo immensamente felici di presentarvi l’intervista fatta al Professor Roberto Marchesini, uno degli etologi più importanti e famosi in Italia. Lo ringraziamo sia per i preziosi consigli che dispensa ai lettori del blog, sia per la semplicità e disponibilità con cui ha risposto alle nostre domande.

Ma conosciamolo un pochino meglio…

  • Bolognese, il Professor Marchesini è un filosofo, etologo e zooantropologo. Direttore del “Centro studi filosofia postumanista” e della “Scuola di interazione uomo-animale” (Siua).
  • Autore di oltre un centinaio di pubblicazioni nel campo della filosofia, dell’etologia e della bioetica.

Leggi la sua bella intervista. Per alcuni versi quasi filosofica (vista l’estrazione del Professor Marchesini), ma capace di trasferire enorme rispetto e amore per gli animali. Se ti piace, condividila sui social che frequenti.

Sara & Simone

 

San Giorgio di Piano (BO),Roberto Marchesini, studioso di scienze biologiche e di epistemologia, scrittore e saggista, ha pubblicato numerosi articoli e ricerche sul rapporto uomo/animale e sulle applicazioni didattiche, consulenziali e assistenziali della relazione con l’animale. Presidente della Società italiana di Scienze Comportamentali Applicate e direttore della Scuola di Interazione Uomo Animale, insegna Scienze Comportamentali Applicate in alcuni atenei italiani. 2012-03-26 © copyright Massimo Sestini

D. Da dove nasce il suo amore per gli animali?

R. Non mi ricordo momenti della mia vita che non siano stati caratterizzati dalla presenza di un animale: i pomeriggi trascorsi a cercare le coccinelle, le raccolte di figurine sugli animali, i diamanti mandarini che rallegravano la nostra casa, le ore passate a raccogliere bacche, larve, a seguire le faccende delle formiche e osservando i movimenti delle salamandre nelle pozze d’acqua di una città che aveva ancora, quando io ero piccolo, aree semi-rurali che oggi non esistono più.

  • La mia vita è da sempre scandita da ronzii di insetti, canti di uccelli, balzi di gatti e vociare di cani, in una vitalità di prati, fiori e alberi che hanno costituito lo sfondo della mia infanzia e giovinezza.

 

D. Che cos’è un etologo, e di cosa si occupa nello specifico?

L’etologia si occupa di descrivere da un punto di vista scientifico che cosa sia un animale e di spiegare il comportamento animale.

In generale, a tutt’oggi, gli studi etologici rimangono ancorati al principio cartesiano dell’animale visto come un insieme di automatismi che lo muovo in un mondo in cui si muove come un burattino trascinato da fili che lui non può governare.

Questa visione fa sì che permangano determinati pregiudizi che impongono l’essere umano come unità di misura e di confronto, enfatizzano la distanza dall’eterospecifico, ignorando i punti in comune, e inglobano la ricchezza di diversità delle varie specie animali nell’unica macro-categoria degli animali non-umani.

L’ambito di ricerca in cui si sviluppa il mio lavoro è invece quello della recente etologia filosofica, nata nel secolo scorso con l’intento di scardinare il concetto di animale-macchina e dare una nuova definizione alla soggettività animale.

  • L’etologia filosofica considera non tanto la natura dell’animale (la sua descrizione), quanto la sua ontologia, cioè cosa significhi diventare animale, essere animale, al di là delle diverse specie e delle diverse descrizioni degli animali.

Oggi, ha ancora senso parlare dell’idea cartesiana dell’animale automa, o dobbiamo considerare la natura in un modo diverso, non trascendente e assoluto, ma nei termini di una natura è dotata in sé di finalismi, dove gli animali costantemente si reinventano, definendo dunque una creatività animale?

In etologia filosofica l’animale è un soggetto che utilizza le proprie dotazioni (innate e apprese: istinti e condizionamenti) in modo libero e flessibile: l’animale è titolare delle proprie dotazioni, del proprio corpo. Questa titolarità gli è stata tolta nel momento in cui lo si è pensato come macchina, come sommatoria di automatismi che lo muovevano.

Dunque, l’etologia filosofica prende in considerazione l’animalità prima di tutto.

Se l’animale fosse realmente una macchina, alla prima novità si fermerebbe, non sarebbe in grado di riadattarsi continuamente, come invece fa, agli avvenimenti del reale, che sono, sì, simili, ma mai identici, e richiedono pertanto un adeguamento continuo delle risposte di interscambio con l’ambiente.

L’etologia filosofica vuole mettere in discussione il modello tradizionale dell’animale mosso da automatismi, che non ha soggettività, che vive nell’immediatezza senza un passato né un futuro e che non è presente a se stesso.

 

Foto prelevata da Pixabay.com

D. Cani o gatti: quale delle due specie è più indicata per famiglie con bambini?

R. La priorità è insegnare al bambino il rispetto dell’animale con cui viene in contatto. Per questo, è necessario che l’adulto innanzitutto sia ben consapevole dei bisogni etologici dell’animale che vuole avvicinare al bambino.

In questo senso, diventando la conoscenza una priorità ovvia nell’approccio con l’animale, per garantirgli la soddisfazione dei parametri di benessere e rispetto, a questo punto possiamo dire che cane e gatto insegnano al bambino valori differenti:

  • il cane sarà il compagno di giochi paritario, colui con il quale il bambino può fare attività, condividendo oggetti, spazi e contatto fisico.
  • Il gatto invece è in grado di insegnare la pazienza, la riflessività e l’autocontrollo, dato che ha motivazioni diverse da quelle del cane: non ama le manipolazioni prolungate e imposte, opera in solitario e non ama essere coinvolto nelle varie attività di gioco o di esplorazione, che preferisce svolgere nella sua solitudine di enigmista solingo, che sceglierà di unirsi al gruppo di umani nei momenti di relax e di dolce far niente.

Sono dunque, cane e gatto, due modelli differenti, in grado di fornire strumenti intellettivi diversi e complementari al bambino a cui venga insegnato a osservarli e interagire in modo rispettoso.

 

Educatori cinofili del SIUA

D. Lei è il direttore didattico del Siua ed è considerato uno dei massimi esperti di zooantropologia. Ci può parlare con parole semplici di questa disciplina?

R. La zooantropologia studia i contributi che gli altri animali hanno apportato e portano alla specie umana tramite le relazioni con essa; studia il ruolo che l’animale assume nell’incontro con l’uomo (interazione da cui nasce anche un confronto da parte di quest’ultimo) e i benefici che sorgono dalle interazioni uomo-altri animali.

Parlando di dimensioni di relazione, la zooantropologia, dunque, propone una visione dell’animale che non è reificante (l’animale è soggetto presente a se stesso e attivo nella relazione, e non un oggetto ad uso dell’interlocutore umano), non è antropomorfizzante (lo studio dell’etologia filosofica diventa parte integrante dell’approccio zooantropologico, in quanto si propone il principio di alterità come valore della diversità, che dissolve i confini di specie e sottolinea il processo di contaminazione reciproca introducendo il concetto di intelligenze plurime, ed esalta il valore del singolo (se è necessario conoscere il repertorio comportamentale della specie con cui si interagisce, è altrettanto fondamentale essere consapevole del fatto che ogni soggetto ha una sua propria storia in base alla quale esibirà determinate scelte e comportamenti).

In altre parole, in zooantropologia l’animale diventa alterità, ovvero gli si riconoscono i predicati di soggettività, diversità e peculiarità, e partner, in quanto coinvolto nel processo relazionale e non più utilizzato come produttore di performance.

La zooantropologia dunque apporta due novità fondamentali:

  1. tra umano e non-umano avviene un dialogo, uno scambio di contenuti vero e proprio;
  2. il non-umano diventa referente per l’uomo, così da innescare là di nuove metodologie di lavoro, poiché le aree tradizionali di lavoro e gli approcci non relazionali (si pensi alla zootecnia) non bastano più.

 

D. Come etologo, che cosa ne pensa dell’eutanasia e della cremazione animali

R. Chiariamo innanzitutto che cosa si intende per eutanasia, da non confondere con la soppressione eutanasica.

Eutanasia è una pratica di fine vita applicabile a soggetti gravemente sofferenti, che si trovano in una condizione terminale per cui non esiste alcun rimedio.

La soppressione eutanasica è invece l’uccisione di un soggetto che non presenta danni particolari nell’organismo o insufficienze di sorta. Tale pratica, anche se con lo scopo di evitare inutili sofferenze, non può essere considerate come una prassi di fine vita (esempio di soppressione eutanasica è quella utilizzata nelle prassi di pre-macellazione attraverso stordimento fisico o elettrico).

I problemi di bioetica inevitabilmente hanno coinvolto anche la medicina veterinaria nel momento in cui si è rafforzata la consapevolezza della sensibilità degli animali, che sono stati dunque riconosciuti come detentori d’interessi inalienabili che richiedono una responsabilità morale del nostro agire nei loro confronti.

Inserire nell’ambito della medicina veterinaria la pratica della “buona morte” esercitabile sugli animali che vivono con noi (gli animali domestici) ci obbliga a definire in modo chiaro le responsabilità di cui dobbiamo farci carico.

  • La cremazione rientra nell’elaborazione del lutto personale: è un desiderio del proprietario dell’animale che va rispettato, in quanto la cremazione appartiene alla ritualità dell’accettazione della perdita.

 

D. Ci avviciniamo all’estate, periodo nel quale (purtroppo) aumentano i casi di abbandono degli animali. Che cosa ne pensa e può lanciare il suo appello nei confronti dei proprietari per una maggiore responsabilità?

R. Il mio appello giunge ben prima, riguardando il momento dell’adozione di un animale: occorre esaminare (e simulare) la nuova situazione che si andrà a creare da tutte le angolazioni prima che l’animale entri in casa.

  • Considerando cani e gatti, che sono sicuramente gli abitanti più numerosi delle nostre case e quindi colore che più soffrono la piaga dell’abbandono, abbiamo l’obbligo morale di informarci sui loro parametri di benessere, che sono, sì, la ciotola piena e la cuccia comoda, ma anche il porli in una condizione di vita degna di essere vissuta, che comprenderà la possibilità di giocare, di praticare la necessaria attività fisica, il non restare soli troppe ore al giorno e il venire in vacanza con noi.

Se le nostre intenzioni (che devono essere chiare fin da subito) sono di passare le vacanze senza i nostri animali, si contatterà una pensione adeguata, il che significa:

  1. prendere contatti con la struttura,
  2. incontrare i gestori della pensione,
  3. informarsi sulle tariffe e mettersi nell’ordine di idee di prendere notizie del proprio animale mentre noi saremo lontani.

Se non si è disposti a fare questo, esiste un’alternativa molto più semplice ed economica, che è quella di rinunciare fin da subito ad adottare l’animale, evitando così il rischio di scoprire troppo tardi che la decisione di adottare un animale comporta conseguenze e responsabilità che non siamo in grado di affrontare.

 

I corsi di Pet therapy del Siua

D. A che punto è la Pet Therapy in Italia? Ci sono casi di ospedali italiani dove viene usata con successo?

R. Le richieste di interventi assistiti dagli animali provengono oggi dai settori che si occupano dei giovani in età evolutiva, e in particolare in età pre e post-adolescenziale:

  • parliamo dunque di ragazzi di età compresa fra i 7 e i 20 anni per problematiche inerenti i comportamenti anti-sociali, per es. il bullismo, durante gli ultimi anni della scuola primaria e i primi anni delle scuole medie;
  • problematiche inerenti la prevenzione della violenza di genere in età adolescenziale; attività con animali per diminuire il rischio di abbandono scolastico e per lavorare sull’incremento della competenza e della diligenza;
  • per quanto riguarda il periodo adolescenziale, un’altra problematica molto diffusa affrontata con questo tipo di interventi riguarda i disturbi alimentari (bulimia e anoressia), che si presentano soprattutto nelle ragazze.
  • Nella scuola elementare, le attività con gli animali sono interessanti per quanto riguarda il discorso dell’integrazione multiculturale.

Negli anziani, c’è molta richiesta delle attività con animali per lavorare sulla demenza senile e nelle prime fasi di insorgenza dell’Alzheimer, con l’obiettivo soprattutto di migliorare anche lo stato cognitivo ma, soprattutto, lo stato emozionale della persona.

Sono orgoglioso di comunicare che in aprile Siua ha tenuto un convegno presso l’ospedale San Raffaele di Milano per presentare le linee generali degli interventi assistiti dagli animali, con l’intento di inaugurare un periodo di collaborazione con il team del Centro disturbi del comportamento alimentare che ha ospitato l’iniziativa.

 

Il Professor Roberto Marchesini è autore di parecchi libri tra cui:

  • Post-human. Verso nuovi modelli di esistenza (2002),
  • Il tramonto dell’uomo. La prospettiva postumanista (2009),
  • Contro i diritti degli animali? (2014),
  • Fondamenti di zooantropologia (2014),
  • Epifania animale. L’oltreuomo come rivelazione (2014),
  • Etologia filosofica. Alla ricerca della soggettività animale (2016),
  • Alterità. L’identità come relazione (2016),
  • Emancipazione dell’animalità (2017).

Dirige inoltre la rivista Animal Studies. Rivista italiana di antispecismo.




Cremazione Animali

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